“Da che parte guardi il mondo tutto dipende”, diceva alcuni anni fa una canzone. Un messaggio leggero che in realtà racchiude delle considerazioni molto profonde.
Lavoro da sempre sulle sensazioni e sulla percezione che di esse si ha tramite la materia, ed ho scoperto che anche in questo “luogo” vale la considerazione sul punto di vista, anzi a volte è proprio questo uno degli aspetti più sorprendenti di un’opera.
Mi sono chiesto se osservando un’opera da tutti i lati in cui la posso osservare essa è sempre la stessa, oppure se cambia in funzione della posizione che gli ho dato? Per assurdo se un’opera statica implementa la potenzialità del movimento, perché dovrebbe essere osservata da un lato e perché esso dovrebbe essere considerato il lato giusto?
E se consideriamo le sensazioni? Quante volte ci capita che uno stesso “moto” ci colga nell’anima dimostrandosi diverso in ragione della nostra disposizione nell’accoglierlo?
Infine, e se prendiamo delle opere e gli togliamo il vincolo del piedistallo, stiamo liberando l’opera o stiamo rinunciando ad un’interpretazione esclusiva?
E perché non concepirla, già all’origine, in modo che si presenti all’osservatore in modi diversi: un’opera multiverso?
In foto studi sul multiverso con l’opera “Ascoltando l’universo”.